Se tutti siamo delle divinità online, chi può amarci per quello che siamo?
Viviamo nell'epoca delle identità liquide concetto introdotto da Zygmunt Bauman come modernità liquida, ossia il passaggio da una società solida, stabile, strutturata a una fluida, incerta e in costante cambiamento, dove il confine tra persona e personaggio si assottiglia ogni giorno di più.
Siamo diventati curatori ossessivi della nostra immagine digitale, divinità di un pantheon social che premia l'estetica, la performance e la quantità di sguardi raccolti, eppure, in questo bazar globale di corpi perfetti e vite impeccabili, cresce un paradosso: più aumentano i follower, più si dilata il vuoto emotivo. Perché quando il sé diventa un prodotto, l'amore rischia di trasformarsi in un contratto a tempo determinato.
Possiamo tranquillamente parlare di pornografia delle emozioni: se tutto ha un costo anche le nostre stesse emozioni possono diventare facilmente merce di consumo, basta guardare la maggior parte dei programmi televisivi che fanno leva su tenerezza, umiliazione, senso di colpa, ostentando pianti, risate e litigi in situazioni dove questo non è affatto necessario.
L'ascesa dell'io-brand e la trappola della validazione
L'autopromozione non è più un'opzione ma un obbligo sociale: i maggiori social hanno creato un ecosistema in cui il valore personale si misura in engagement. Like, commenti e visualizzazioni sono diventati la nuova valuta emotiva, mentre i filtri non alterano solo i lineamenti, ma anche l'idea di ciò che meritiamo nelle relazioni.
Condivido, dunque esisto potrebbe essere il motto di questa generazione, ma quando spegniamo il telefono, chi resta ad ascoltare le nostre insicurezze? Alcune piattaforme dove è possibile vendere file multimediali del proprio corpo rappresentano l'estremizzazione di questa logica, dove l'erotismo si vende come un qualsiasi servizio in abbonamento e si tratta di un fenomeno che va oltre il sex work: è la manifestazione di una società che incoraggia a monetizzare ogni frammento di sé. Dietro le chat a pagamento spesso si nasconde non solo un business, ma un disperato desiderio di connessione autentica.
Scorriamo cataloghi di corpi come menu, ma l'ansia da scelta ci rende paradossalmente più insoddisfatti. Abbiamo più strumenti che mai per essere visti, eppure ci sentiamo invisibili. La tragedia dell'era digitale non è la mancanza di contatti, ma la carenza di contatto. Le relazioni diventano usa-e-getta, come stories che svaniscono in 24 ore. Mostriamo al mondo la coppia perfetta, mentre dietro le quinte regna l'incomprensione.
Ricominciare dall'imperfezione
Forse la via d'uscita è smettere di essere divinità, e tornare umani. Accettare che nessun filtro può sostituire la verità di uno sguardo senza veli, che l'amore non è un prodotto da personalizzare ma un rischio da vivere, che le nostre anime non sono in affitto ma meritano di essere amate, non consumate. In un mondo ossessionato dalla visibilità, il gesto più rivoluzionario potrebbe essere semplice: spegnere il telefono e chiedere a qualcuno: Come stai davvero? senza aspettarsi una story in risposta.
Il capitalismo sfrenato, selvaggio, ci sta rendendo sempre più liquidi, non abbiamo più sostegni ai quali aggrapparci per poter rimettere in ordine i nostri pensieri, il nostro Sé e ci lasciamo andare più facilmente ad un consumismo sregolato che soddisfa, seppur temporaneamente il nostro vuoto interiore, alimentando il concetto dell'avere tutto e subito, concetto che forse è figlio delle grandi repressioni alimentari e ludiche che hanno vissuto i nostri nonni e bisnonni durante le i periodi di guerra e di povertà.
I bisogni primari sono cambiati, oggi il cibo sembra non essere più un problema, almeno nelle grandi civilità attuali, quindi i colossi del marketing cercano di creare nuovi bisogni, i quali, però, non sono realmente necessari, ma in ogni caso non possiamo farne a meno vista la loro diffusione.
Nella nostra epoca, probabilmente, la sfida più grande è quella di ritrovare l'autenticità in un mondo di copie perfette.
Bibliografia
- Bauman, Z. (2000). Modernità liquida. Roma-Bari: Laterza.
- Bauman, Z. (2003). Amore liquido. Sulla fragilità dei legami umani. Roma-Bari: Laterza.
- Han, B.-C. (2012). La società della trasparenza. Milano: Nottetempo.
- Turkle, S. (2011). Insieme ma soli. Perché ci aspettiamo sempre più dalla tecnologia e sempre meno dagli altri. Torino: Codice Edizioni